domenica 9 novembre 2014

All'origine della fontana di Trevi

Dalla mappa di Duperac (1577) si osserva come 
la fontana di Trevi sia rivolta verso via del Corso
L'Acqua Vergine, inaugurata il 9 giugno del 19 a.C., fu il sesto acquedotto portato in città. L'acqua, "convogliata a Roma da un terreno di Lucullo", fu chiamata Vergine perché, secondo il mito, le sue sorgenti furono mostrate ai soldati romani da una giovane ragazza. L'acqua veniva raccolta all'interno di un bacino in cemento, all'ottavo miglio della via Collatina.
 
Il tracciato antico dell'Acqua Vergine partiva dalle sorgenti situate vicino alla via Collatina per terminare la sua corsa nei pressi del Pantheon, dove alimentava le terme di Agrippa. In epoca medievale l'acqua, le cui sorgenti si trovavano all'interno della tenuta di Salone, apparteneva al capitolo di S. Maria Maggiore.
 
La distanza tra le sorgenti (24 metri s.l.m.) e porta Maggiore (50 metri s.l.m.) era di soli dieci km., tuttavia, l'evidente differenza di quota causò l'allungamento del tracciato. Dalle sorgenti di  Salone l'acquedotto percorreva un condotto sotterraneo lungo 5 km fino al Fosso della Marranella; da quel punto, per poter arrivare al Pantheon direttamente, sarebbe stato necessario scavare  in profondità, perciò gli ingegneri romani decisero di puntare verso nord, attraversando la Tiburtina, la Nomentana, la valle tra questa e la Salaria, fino ad affiancarsi alla Flaminia.

L'acquedotto attraversava i monti Parioli (sotto il ninfeo di Villa Giulia), perforava il colle Pinciano (sotto Villa Medici) percorrendolo parallelamente a via Margutta, quindi usciva a cielo aperto a metà dell'attuale via Due Macelli, da dove, attraverso una serie ininterrotta di arcate, attraversava via del Nazareno, la piazza di Trevi, e infine scavalcava la via Flaminia (piazza Sciarra), fermandosi a metà di via del Seminario, lungo la fronte del portico dei Saepta.
 
Il 537 fu l'anno in cui il re goto Vitige rese inutilizzabili gli undici acquedotti di Roma, cercando così di prendere la città per sete. Da quel momento in poi, nonostante il restauro di quattro di essi (Traiana, Marcia, Claudia, Vergine), l'esigua popolazione romana si riversò sull'ansa del Tevere, utilizzando l'acqua del fiume, di qualche pozzo e di alcune sorgenti urbane.
 
Tre dei quattro acquedotti restaurati furono probabilmente distrutti dal Guiscardo nel 1084, mentre il Vergine, invece, continuò a funzionare, soprattutto perché la maggior parte del percorso era sotterraneo (19 km su 21 km totali).
La fontana di Trevi nel 1453
 
Per avere un'idea sullo stato dell'acquedotto Vergine nell'altomedioevo mettiamo a confronto due fonti:
  • Secondo il biografo di Adriano I (772-795), l'acquedotto Vergine, dopo il restauro del pontefice, "dissetava quasi tutta la città" (Liber Pontificalis).
  • Nel racconto dell'Itinerario di Einsiedeln (guida di Roma dell'VIII secolo) le arcate del Vergine si interrompevano prima dello scavalcamento della via Flaminia (via del Corso).
Se alla fine dell'VIII secolo l'acqua Vergine "dissetava quasi tutta la città", nonostante l'interruzione delle arcate prima dello scavalcamento di via del Corso, è evidente che doveva esistere una fontana prima di via del Corso, probabilmente vicino alle arcate che passavano nei pressi di un luogo chiamato Treio, toponimo conosciuto a partire dal X secolo (Chronicon di Benedetto).