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L'area dell'antico Portus Tiberinus (immagine Google Earth) |
All'inizio degli anni Trenta l’area
situata tra via di Ponte Rotto e vicolo della Catena (chiesa di S. Nicola in
Carcere), nel quartiere detto dei Pierleoni, fu destinata al palazzo dell’Anagrafe
di Roma. Nel 1935 l’ispezione delle cantine degli edifici interessati aveva
rivelato la presenza delle antiche strutture del Portus Tiberinus, il più
antico porto di Roma. Quando tutti gli edifici furono demoliti (1936) fu
possibile realizzare la planimetria dei resti dell’antico scalo portuale. La pianta ha
rivelato un quartiere composto da otto isolati separati tra loro da strade e
porticati.
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Planimetria degli otto isolati (in numeri romani) |
Le rovine indagate negli anni Trenta appartenevano a edifici datati alla prima metà del II
secolo d.C.; questi avevano sostituito ambienti di epoca repubblicana destinati allo stoccaggio, realizzati dopo la bonifica del Velabro. Osservando
la mappa si nota come l’area del Porto Tiberino sia compresa tra il vicus
Iugarius e il vicus Lucceius; quest’ultimo, attraversata la Porta Flumentana,
raggiungeva la riva sinistra (via di Ponte Rotto) in prossimità del Tempio di
Portuno (nume tutelare dei porti), da dove era possibile attraversare il fiume
grazie al Ponte Emilio (179 a.C.).
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L'area della Porticus Aemilia (Gatti) |
Il ruolo sempre più importante assunto da
Roma nel corso del III secolo a.C. ebbe come conseguenza una grande crescita del
traffico mercantile, perciò fu individuato un approdo più comodo (lungotevere Testaccio)
dove gli edili Lucio Emilio Lepido e Lucio Emilio Paolo (193 a.C.) fecero
costruire sia il nuovo porto fluviale (l’Emporium) sia un’area di stoccaggio
molto più estesa della precedente (la Porticus Aemilia).
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Confronto tra i due scali portuali (immagine Google Earth) |