venerdì 21 giugno 2019

Eppur si muovono 11 - L'abbeveratoio di piazza Navona oggi nel Giardino del Lago di Villa Borghese

L'abbeveratoio di piazza Navona
(Maggi 1625)

Nel 1570, dopo il ripristino delle antiche sorgenti dell’Acqua Vergine, la Camera Apostolica e il Comune di Roma progettarono e realizzarono alcune fontane monumentali (tuttora in funzione) nella pianura del Campo Marzio. All’epoca, la presenza di cavalli e buoi nelle strade di Roma era assolutamente normale, perciò era importante che vicino alle fontane fossero costruiti gli abbeveratoi (denominati beveratori). Nel 1574, durante il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585), venne avviato il progetto per portare le condutture dell’Acqua Vergine in Piazza Navona: due fontane, disegnate dall’architetto comunale Giacomo Della Porta, vennero collocate alle estremità della piazza, mentre al centro fu sistemato un abbeveratoio. Per la costruzione delle vasche delle due fontane fu utilizzato il marmo portasanta, generalmente impiegato per la costruzione delle “porte sante” che venivano aperte in occasione del Giubileo.

L'abbeveratoio nella sua nuova
collocazione nel Giardino del Lago
di Villa Borghese (foto Marco Gradozzi)
Per la realizzazione dell’abbeveratoio fu riciclata una vasca in marmo bianco del III secolo d.C. trovata vicino piazza Navona, in via dei Leutari. Nel 1579 l'abbeveratoio fu collocato al centro di piazza Navona. Nel 1648 iniziarono i lavori per la realizzazione della fontana dei Quattro Fiumi (inaugurata nel 1651), perciò il Bernini fece spostare l’abbeveratoio sul versante settentrionale della piazza (vicino all’attuale fontana del Nettuno), dove rimase poco più di due secoli. Nel 1874 sia l’abbeveratoio sia alcuni elementi cinquecenteschi della fontana del Moro di piazza Navona furono smontati e trasferiti nel semenzaio comunale di San Sisto; i quattro mascheroni e i quattro tritoni originali furono sostituiti da copie realizzate dallo scultore Luigi Amici.

Uno dei Tritoni originali della
fontana del Moro, attualmente
esposti nel Museo Pietro Canonica
di Villa Borghese
(foto Marco Gradozzi)
Nel 1909 sia le maschere sia i tritoni sia l’abbeveratoio furono trasportati nel giardino del Lago di Villa Borghese; i mascheroni vennero collocati sui bordi dell’abbeveratoio, mentre i tritoni furono utilizzati come ornamento di singole fontanelle all’interno del giardino. Dal 1988 maschere e tritoni sono conservati nel Museo Canonica di Villa Borghese dove, dopo il restauro, sono tuttora esposti.

lunedì 17 giugno 2019

Eppur si muovono 10 - La colonna della Basilica di Massenzio oggi in piazza di S. Maria Maggiore

La Basilica di Massenzio nel Plastico
di Italo Gismondi (MCR)

All’inizio del IV secolo d.C. l’imperatore Massenzio (306-312) fece costruire sulla collina Velia un’enorme basilica. La costruzione venne ultimata all’epoca dell’imperatore Costantino (306-337). Le tre enormi volte a crociera della navata centrale dell’edificio erano sorrette da otto colonne in marmo proconnesio alte 14,5 metri.

L'affresco del Sodoma realizzato nella
villa di Agostino Chigi alla Lungara
(foto Marco Gradozzi)
Nel 1517 il pittore Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, raffigurò le rovine della basilica di Massenzio in un famoso affresco visibile nella Farnesina, la residenza romana di Agostino Chigi; il disegno è molto interessante perché mostra ancora intatte due delle otto colonne marmoree. Pochi anni dopo (1536) il giurista tedesco Johann Fichard visitò i resti della basilica, notando che «soltanto una resta ancora eretta».

L'aspetto della Basilica alla fine del
Cinquecento (Pierre Mortier)
L’osservazione di Fichard fu confermata nel 1556 dall’erudito Ulisse Aldrovandi, che descrivendo le rovine della basilica menzionò «una grossissima colonna istoriata». Nel 1589, all’epoca di Sisto V (1585-1590), comparve su un Avviso di Roma la notizia di un progetto per collocare la colonna superstite della basilica di Massenzio di fronte alla chiesa di S. Maria degli Angeli, sormontata da una statua della Vergine. Nell’agosto 1613 il pontefice Paolo V Borghese (1605-1621) mise in pratica il progetto di Sisto V, cambiando però la destinazione finale. L’architetto Carlo Maderno (1556-1629) ricevette l’incarico di prelevare dalla basilica di Massenzio la colonna, che fu innalzata sul colle Esquilino, di fronte alla basilica di S. Maria Maggiore.

La colonna in piazza di S. Maria
Maggiore (foto Marco Gradozzi)
Sopra la colonna venne collocata una statua in bronzo della Vergine, rappresentata mentre tiene in braccio il Figlio (scultura di Guglielmo Barthélot, fusione di Domenico Ferreri). Il basamento che sorregge la colonna fu decorato con due draghi e due aquile in bronzo (realizzate da Giacomo Laurenziano), simboli araldici della famiglia Borghese. Il bronzo utilizzato per le sculture venne fornito dalla Camera Apostolica, che per l’occasione recuperò sia alcuni vecchi cannoni di Castel S. Angelo sia i piccoli cancelli creati per proteggere la Pigna situata nell’atrio della vecchia basilica di S. Pietro. È piuttosto singolare l’iscrizione incisa sul lato del basamento rivolto a est (cioè verso la Stazione Termini), infatti, nel testo dettato da Paolo V la colonna parla in prima persona e dice: «Un tempo, per comando di Cesare io sostenevo, afflitta, l’impuro tempio di un falso dio; ora, sorreggendo lieta la madre del vero Dio, parlerò nei secoli di te, o Paolo». La realizzazione del monumento avvenne nel 1613/1615.

La lapide che copre la tomba
di Carlo Maderno nella chiesa
di S. Giovanni dei Fiorentini
(foto Marco Gradozzi)
Per il Maderno l’innalzamento della colonna dovette essere piuttosto importante perché, essendo ancora in vita, lo ricordò nella sua epigrafe funebre (S. Giovanni dei Fiorentini in via Giulia); infatti, dopo aver citato sia lo zio Domenico Fontana sia il completamento della basilica vaticana, aggiunse di «avere eretto, trasportandola dal Tempio della Pace (la basilica di Massenzio), una colonna dinanzi la basilica liberiana sull’Esquilino, sovrapponendole una statua della Vergine Madre di Dio». Carlo Maderno progettò anche la fontana addossata al basamento, originariamente decorata con aquile e draghi in travertino.

sabato 15 giugno 2019

Eppur si muovono 09 - L'obelisco di Antinoo oggi sul Pincio

Piazza Bucarest-L'obelisco
di Antinoo (foto Marco Gradozzi)

L’obelisco di piazza Bucarest, quasi nascosto tra i viali alberati del Pincio, non fu realizzato per celebrare divinità, imperatori o imprese militari; è soltanto il ricordo di un ragazzo e di un amore finito tragicamente. L’imperatore Adriano (117-138 d.C.) è uno dei personaggi più interessanti del mondo antico, non solo per la sua azione politica, ma anche per il pensiero filosofico e la sua idea di architettura. Quando il suo prediletto Antinoo morì (130 d.C.), l’imperatore costruì per lui una tomba, segnalata da un obelisco in granito rosa su cui furono incise scene cultuali che raffigurano Osiride-Antinoo e Adriano di fronte a varie divinità egizie. La tomba non fu mai trovata, perciò nel corso dei secoli sono state formulate moltissime ipotesi.

L'area di Vigna Barberini, a pochi metri
dal Colosseo (Google Earth).
La più recente appartiene all’archeologo Filippo Coarelli, che ha così tradotto uno dei geroglifici dell’obelisco: «L’Osiris Antinoo … che riposa in questa tomba (situata) nei giardini dell’imperatore in Roma». Sulla base di questa traduzione il Coarelli immagina che il povero Antinoo sia stato sepolto a Roma, in un giardino dedicato ad Adriano. Il luogo presunto sarebbe un’area del Palatino molto conosciuta, la Vigna Barberini, dove anticamente erano situati i giardini di Adriano. Fu in quel punto, secondo il Coarelli, che venne realizzata la tomba di Antinoo (forse un semplice tumulo), di fronte alla quale l’imperatore fece innalzare un obelisco commemorativo.

Il cosiddetto Sessorium (Google Earth)
Quasi un secolo dopo, nel 218 d.C., l’imperatore Elagabalo (218-222 d.C.) utilizzò i giardini di Adriano per costruirvi il suo tempio, perciò l’obelisco di Antinoo fu spostato e collocato sulla spina del Circo Variano, all’interno di un complesso residenziale (il Sessorium) che apparteneva alla famiglia imperiale, costruito sulla sommità del Celio all’inizio del III secolo, durante il regno dei Severi. Nel IV secolo Elena (madre dell’imperatore Costantino) trasformò l'Atrium del Sessorium nella chiesa di S. Croce in Gerusalemme. Le recenti scoperte archeologiche nell’area hanno evidenziato le gigantesche dimensioni del Circo Variano (situato tra via Eleniana e via Crotone), che misurava 630 metri di lunghezza, (il Circo Massimo misura “soltanto” 621 metri).

Via Ozieri/via Nuoro-L'epigrafe dei
fratelli Saccocci
(foto Marco Gradozzi).
Nel 1570 i fratelli Saccocci, proprietari della vigna sotto la quale era interrato il Circo, ritrovarono l’obelisco, innalzandolo di nuovo e ricordando la loro impresa con un’epigrafe oggi collocata sotto un fornice dell’Acqua Felice, tra via Ozieri e via Nuoro. Nel 1589 l’erudito Michele Mercati scrisse Obelischi di Roma, senza però nominare l’obelisco del Circo Variano, probabilmente perché all’epoca era di nuovo caduto a terra. Nel 1632 il monumento (rotto in due pezzi) fu trasportato di fronte a Palazzo Barberini. Nel 1773 Cornelia Barberini lo donò a papa Clemente XIV (1769-1774), che lo fece collocare nel Cortile della Pigna in Vaticano. Successivamente Pio VI Braschi (1775-1799) pensò di sistemare il monumento sopra il bellissimo basamento della Colonna Antonina (anch’esso in Vaticano).

Piazza Bucarest-L'iscrizione
celebrativa di Pio VII
(foto Marco Gradozzi)
Nel 1822 il pontefice Pio VII (1800-1823) fece innalzare l’obelisco in un piccolo piazzale del Pincio, oggi denominato piazza Bucarest. I lavori furono diretti dall’architetto Giuseppe Marini. L’obelisco è alto 9,25 metri; con il basamento e la stella sulla cima raggiunge 17,26 metri.