venerdì 12 luglio 2019

Eppur si muovono 12 - Il Casino Boccapaduli oggi in piazza di Porta Capena

Vicino alla freccia rossa la vigna e
il Casino Boccapaduli (Falda 1676)

Nel 1538 il Conservatore capitolino Prospero Boccapaduli (1505-1585) acquistò nei pressi della chiesa di S. Balbina, a qualche decina di metri dalle Terme di Caracalla, una vigna con cisterna. Nel 1547, a causa di un grave dissesto finanziario, il Boccapaduli fu costretto a cedere ai creditori la maggior parte dei suoi beni, tuttavia, mantenne la vigna del Piccolo Aventino, affidandola alla moglie (Ersilia Leni). In quegli anni il Conservatore rivestì importanti cariche pubbliche, tra cui quella di Sovrintendente ai lavori in piazza del Campidoglio, dove erano in costruzione il nuovo Palazzo del Senatore e il nuovo Palazzo dei Conservatori. Essendo un grande appassionato di architettura, il Boccapaduli ebbe sicuramente modo di conoscere sia il Vignola (Jacopo Barozzi da Vignola, 1507-1573) sia gli altri architetti che operavano sul Campidoglio. 

Il Casino Boccapaduli nel Settecento.
Grazie alle conoscenze acquisite, il Conservatore - aspirante architetto - riuscì a costruire un Casino nella sua vigna presso le Terme di Caracalla. Dopo la morte del Boccapaduli (1585), la vigna e il Casino restarono per alcuni anni nella disponibilità della famiglia. Nel 1871 la Commissione incaricata di redigere il Piano Regolatore di Roma decise di creare una “zona monumentale riservata” (la cosiddetta Passeggiata Archeologica) attraverso la realizzazione di giardini sia intorno alla zona del Foro Romano e del Palatino sia alle pendici dell’Aventino e del Celio; nell’area era compreso anche il tratto urbano della via Appia, fino a porta Appia.

Il Casino Boccapaduli prima della demolizione.
Il Piano Regolatore del 1883 confermò l’orientamento della Commissione, escludendo dall’urbanizzazione la valle tra Celio e Piccolo Aventino. Nel 1887 i deputati Bonghi e Baccelli promossero una legge che regolava la sistemazione urbanistica dell’area compresa tra il Tevere e le porte Appia e Latina delle Mura Aureliane; nell’area protetta furono inclusi il colle Oppio, il Foro Romano, il Palatino, il Celio e la valle del Circo Massimo. I lavori di sistemazione dell’area, avviati nel 1909, sollevarono subito numerose polemiche perché il progetto salvava dalle demolizioni soltanto le strutture dell’antica Roma, ignorando gli edifici che riutilizzavano strutture medievali.

La Passeggiata Archeologica nel 1917.
La creazione di via delle Terme di Caracalla provocò la demolizione del cinquecentesco Casino Boccapaduli, divenuto ormai un ostacolo per il nuovo tracciato stradale. Tuttavia, grazie all’interessamento del senatore Rodolfo Lanciani, il Casino Boccapaduli fu ricostruito; infatti, nel 1911 l’architetto Pietro Guidi riedificò l’edificio in piazzale della Moletta (oggi piazza di Porta Capena), dotandolo di una scalinata di 10 gradini. Sul fianco destro del Casino venne murata una lapide a memoria dell’antica fons Mercurii, situata nei pressi dell’antica Porta Capena (la porta delle Mura Serviane da dove iniziava la via Appia). Il 21 aprile 1917, Natale di Roma, la Passeggiata Archeologica venne finalmente inaugurata.

Il Casino Boccapaduli
(foto Marco Gradozzi)
Dal 1964 al 2006 il Casino Boccapaduli fu sede dell’Istituto Romano per la Storia di Italia, dal Fascismo alla Resistenza (IRSIFAR). Dal 2011 è sede del Centro di documentazione sul Secondo Polo Turistico di Roma (dall'Eur fino al lido di Ostia e a Fiumicino).

venerdì 21 giugno 2019

Eppur si muovono 11 - L'abbeveratoio di piazza Navona oggi nel Giardino del Lago di Villa Borghese

L'abbeveratoio di piazza Navona
(Maggi 1625)

Nel 1570, dopo il ripristino delle antiche sorgenti dell’Acqua Vergine, la Camera Apostolica e il Comune di Roma progettarono e realizzarono alcune fontane monumentali (tuttora in funzione) nella pianura del Campo Marzio. All’epoca, la presenza di cavalli e buoi nelle strade di Roma era assolutamente normale, perciò era importante che vicino alle fontane fossero costruiti gli abbeveratoi (denominati beveratori). Nel 1574, durante il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585), venne avviato il progetto per portare le condutture dell’Acqua Vergine in Piazza Navona: due fontane, disegnate dall’architetto comunale Giacomo Della Porta, vennero collocate alle estremità della piazza, mentre al centro fu sistemato un abbeveratoio. Per la costruzione delle vasche delle due fontane fu utilizzato il marmo portasanta, generalmente impiegato per la costruzione delle “porte sante” che venivano aperte in occasione del Giubileo.

L'abbeveratoio nella sua nuova
collocazione nel Giardino del Lago
di Villa Borghese (foto Marco Gradozzi)
Per la realizzazione dell’abbeveratoio fu riciclata una vasca in marmo bianco del III secolo d.C. trovata vicino piazza Navona, in via dei Leutari. Nel 1579 l'abbeveratoio fu collocato al centro di piazza Navona. Nel 1648 iniziarono i lavori per la realizzazione della fontana dei Quattro Fiumi (inaugurata nel 1651), perciò il Bernini fece spostare l’abbeveratoio sul versante settentrionale della piazza (vicino all’attuale fontana del Nettuno), dove rimase poco più di due secoli. Nel 1874 sia l’abbeveratoio sia alcuni elementi cinquecenteschi della fontana del Moro di piazza Navona furono smontati e trasferiti nel semenzaio comunale di San Sisto; i quattro mascheroni e i quattro tritoni originali furono sostituiti da copie realizzate dallo scultore Luigi Amici.

Uno dei Tritoni originali della
fontana del Moro, attualmente
esposti nel Museo Pietro Canonica
di Villa Borghese
(foto Marco Gradozzi)
Nel 1909 sia le maschere sia i tritoni sia l’abbeveratoio furono trasportati nel giardino del Lago di Villa Borghese; i mascheroni vennero collocati sui bordi dell’abbeveratoio, mentre i tritoni furono utilizzati come ornamento di singole fontanelle all’interno del giardino. Dal 1988 maschere e tritoni sono conservati nel Museo Canonica di Villa Borghese dove, dopo il restauro, sono tuttora esposti.

lunedì 17 giugno 2019

Eppur si muovono 10 - La colonna della Basilica di Massenzio oggi in piazza di S. Maria Maggiore

La Basilica di Massenzio nel Plastico
di Italo Gismondi (MCR)

All’inizio del IV secolo d.C. l’imperatore Massenzio (306-312) fece costruire sulla collina Velia un’enorme basilica. La costruzione venne ultimata all’epoca dell’imperatore Costantino (306-337). Le tre enormi volte a crociera della navata centrale dell’edificio erano sorrette da otto colonne in marmo proconnesio alte 14,5 metri.

L'affresco del Sodoma realizzato nella
villa di Agostino Chigi alla Lungara
(foto Marco Gradozzi)
Nel 1517 il pittore Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, raffigurò le rovine della basilica di Massenzio in un famoso affresco visibile nella Farnesina, la residenza romana di Agostino Chigi; il disegno è molto interessante perché mostra ancora intatte due delle otto colonne marmoree. Pochi anni dopo (1536) il giurista tedesco Johann Fichard visitò i resti della basilica, notando che «soltanto una resta ancora eretta».

L'aspetto della Basilica alla fine del
Cinquecento (Pierre Mortier)
L’osservazione di Fichard fu confermata nel 1556 dall’erudito Ulisse Aldrovandi, che descrivendo le rovine della basilica menzionò «una grossissima colonna istoriata». Nel 1589, all’epoca di Sisto V (1585-1590), comparve su un Avviso di Roma la notizia di un progetto per collocare la colonna superstite della basilica di Massenzio di fronte alla chiesa di S. Maria degli Angeli, sormontata da una statua della Vergine. Nell’agosto 1613 il pontefice Paolo V Borghese (1605-1621) mise in pratica il progetto di Sisto V, cambiando però la destinazione finale. L’architetto Carlo Maderno (1556-1629) ricevette l’incarico di prelevare dalla basilica di Massenzio la colonna, che fu innalzata sul colle Esquilino, di fronte alla basilica di S. Maria Maggiore.

La colonna in piazza di S. Maria
Maggiore (foto Marco Gradozzi)
Sopra la colonna venne collocata una statua in bronzo della Vergine, rappresentata mentre tiene in braccio il Figlio (scultura di Guglielmo Barthélot, fusione di Domenico Ferreri). Il basamento che sorregge la colonna fu decorato con due draghi e due aquile in bronzo (realizzate da Giacomo Laurenziano), simboli araldici della famiglia Borghese. Il bronzo utilizzato per le sculture venne fornito dalla Camera Apostolica, che per l’occasione recuperò sia alcuni vecchi cannoni di Castel S. Angelo sia i piccoli cancelli creati per proteggere la Pigna situata nell’atrio della vecchia basilica di S. Pietro. È piuttosto singolare l’iscrizione incisa sul lato del basamento rivolto a est (cioè verso la Stazione Termini), infatti, nel testo dettato da Paolo V la colonna parla in prima persona e dice: «Un tempo, per comando di Cesare io sostenevo, afflitta, l’impuro tempio di un falso dio; ora, sorreggendo lieta la madre del vero Dio, parlerò nei secoli di te, o Paolo». La realizzazione del monumento avvenne nel 1613/1615.

La lapide che copre la tomba
di Carlo Maderno nella chiesa
di S. Giovanni dei Fiorentini
(foto Marco Gradozzi)
Per il Maderno l’innalzamento della colonna dovette essere piuttosto importante perché, essendo ancora in vita, lo ricordò nella sua epigrafe funebre (S. Giovanni dei Fiorentini in via Giulia); infatti, dopo aver citato sia lo zio Domenico Fontana sia il completamento della basilica vaticana, aggiunse di «avere eretto, trasportandola dal Tempio della Pace (la basilica di Massenzio), una colonna dinanzi la basilica liberiana sull’Esquilino, sovrapponendole una statua della Vergine Madre di Dio». Carlo Maderno progettò anche la fontana addossata al basamento, originariamente decorata con aquile e draghi in travertino.