L'edicola del settimo altare è quella a sinistra dell'abside; l'ostensione del Volto Santo avveniva dalla finestra sovrastante (foto M. Gradozzi). |
Nel mondo cristiano il Volto Santo era una
reliquia costituita da un riquadro di lino su cui era impresso il ritratto di
Gesù. Secondo la tradizione apocrifa cristiana all'epoca dell’imperatore Tiberio (14-37 d.C.)
il prezioso tessuto venne portato a Roma dalla donna che lo possedeva, la famosa Veronica. La presenza a Roma del Volto Santo è
attestata da vari scritti, spesso però discordanti tra loro; secondo alcuni era
nella basilica di S. Pietro, secondo altri nella chiesa del Santo Spirito. La sorpresa
proviene dall'archivio della chiesa denominata S. Maria ad Martyres: il
Pantheon. Qui si conserva una pergamena (posteriore al XVI secolo) che traduce
un’antica tabella che era collocata all'interno dell’edificio (oggi scomparsa), fonte di importanti informazioni sulla storia
di S. Maria ad Martyres. Anche Giovanni de Virgilis, un canonico di S. Pietro
vissuto nel XIII secolo, vide la tabella prima della sua scomparsa,
descrivendone addirittura l’ubicazione: il settimo altare (entrando, a sinistra). Sulla tabella
(forse di epoca medievale) era scritto che in occasione della consacrazione
della chiesa (13 maggio 609 d.C.) Bonifacio IV aveva fatto collocare sotto
l’altare maggiore i resti dei martiri Rasio e Anastasio, mentre sotto la
pavimentazione a destra dell’altare (scendendo) aveva fatto seppellire le ossa
di altri martiri (ben 28 carri di ossa). La tabella elenca anche altre reliquie conservate, e tra queste vengono citate sia il Volto Santo sia
l’immagine della Madonna con Bambino (attribuita a S. Luca). Quest’ultima, tuttora esistente, era sopra il quarto altare; all'epoca di Clemente XI Albani (1700-1721) l'immagine fu
spostata sopra l’altare maggiore. Un'altra preziosa informazione della tabella riguarda la cassa in cui era conservata la reliquia del Volto Santo: lo scrigno aveva
tredici serrature (ognuno dei tredici caporioni aveva la sua chiave). Nel XVIII secolo la cassa era ancora integra, infatti, un Itinerario dell'epoca la descriveva così: «ingessata, venata e brunita con le sue cornici dorate che ricorrono attorno». L’erudito
Giacomo Grimaldi, archivista della basilica di S. Pietro, raccolse in un
manoscritto (1618) alcuni documenti che riguardavano la storia del Sudario della Veronica. Uno di questi
scritti, la Vera Historia del Volto Santo,
affermava che la preziosa reliquia e la sua custodia erano segretamente
conservati nel Pantheon fin dall'epoca dell’imperatore Tiberio; fu
Bonifacio IV che decise di mostrarla il giorno di Venerdì Santo, esponendola sul cornicione che sovrasta il sesto altare. Le informazioni sulle successive
destinazioni della reliquia sono discordanti; secondo alcuni fu distrutta dai
Lanzichenecchi durante il sacco del 1527, secondo altri è conservata in S.
Pietro.
Da destra: l'edicola del settimo altare, la cappella del Crocifisso, la tomba di Raffaello, la cappella dove era collocato in origine il dipinto della Madonna con Bambino (foto M. Gradozzi) |
Questa storia intrigante è ancora più avvincente se si considera la non casualità del luogo di sepoltura di Raffaello (1483-1520) che volle a tutti i
costi essere inumato nel Pantheon. Il pittore, sepolto sotto il quinto altare,
nacque e morì lo stesso giorno, il 6 aprile, e il giorno della sua morte era
appunto un Venerdì Santo … ma per questa bellissima storia (e molto altro) consiglio assolutamente la lettura di La tomba del divino Raffaello, di Anna Lisa Genovese, editore Gangemi.
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