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Fig. 1 - Felice Peretti francescano |
Durante il papato di Sisto V
(1585-1590) alcuni luoghi di Roma cambiarono radicalmente aspetto, tuttavia,
questa iperattività urbanistica potrebbe essere stata determinata non da un
chiaro progetto di sviluppo urbano quanto, piuttosto, da un rancore di vecchia
data. Nel 1565 il vescovo francescano Felice Peretti (fig. 1) era stato inviato
in Spagna (in veste di teologo) al seguito del cardinale Ugo Boncompagni,
giudice della Santa Sede chiamato a verificare il comportamento "poco
ortodosso" dell'Arcivescovo di Toledo. Il rapporto tra i due prelati non
decollò mai (eufemismo), forse perché l'erudito cardinale riteneva il Peretti poco
raffinato per la corte pontificia, o forse perché lo vedeva troppo dedito alla
cura della sua villa sull'Esquilino. Quando il cardinale Boncompagni fu eletto
papa (Gregorio XIII, 1572-1585), il Peretti - divenuto nel frattempo cardinale
- scomparve dalla scena, emarginato dalla vita di corte.
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Fig. 2 - La mostra dell'acqua Felice (foto Marco Gradozzi) |
Tuttavia, come spesso
accade, la fortuna cambiò verso, e infatti, nel 1585 il successore di Boncompagni fu proprio il Peretti, che prese il nome di Sisto V. La sua attività urbanistica fu inarrestabile,
tracciò strade, rialzò obelischi, condusse a Roma l'acqua Felice (progettata da
Gregorio XIII), fece realizzare fontane memorabili, come la mostra dell'acqua
Felice in largo di Santa Susanna (fig. 2), monumento che in parte è possibile
spiegare anche attraverso la conoscenza della (sofferente) condizione
psicologica di Sisto V. In sostanza, io credo che alcune scelte artistiche
legate alla fontana derivino dall'enorme complesso d'inferiorità che affliggeva
il pontefice. La fontana terminale dell'acqua Felice, realizzata dai fratelli
Domenico e Giovanni Fontana (nomen omen), fu inaugurata nella piazza di S.
Susanna il 15 giugno 1587, pur essendo priva degli ornamenti definitivi, infatti,
all'epoca del'inaugurazione le due Fame (in alto ai lati dello stemma di Sisto
V), la statua del Mosè (opera di Prospero Antichi e Leonardo Sormani), i due pannelli
laterali e i quattro leoni non facevano ancora parte della struttura. Per
accelerare i lavori Sisto V scrisse un documento (chirografo del 30 novembre
1587) in cui si proibiva a chiunque, soprattutto ai rappresentanti comunali, di
intralciare l'opera del suo architetto preferito (Domenico Fontana), sempre
alla ricerca di materiali pregiati per la realizzazione delle parti mancanti.
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Fig. 3 - Il luogo della fontana all'epoca di Gregorio XIII (Cartaro 1576) |
Pochi
mesi prima di morire, forse ispirandosi - con umiltà - alle Res Gestae di Augusto, Sisto V pubblicò una
Bolla (Supremi cura regiminis, 19
febbraio 1590) in cui elencava le sue imprese edilizie. Il documento è molto
interessante perché descrive anche il contesto topografico; ad esempio le "macerie infinite" che rendevano piazza di S. Susanna "ineguale e deforme" furono demolite per
migliorare la prospettiva della fontana. Purtroppo le cosiddette macerie che ostacolavano il passaggio dell'ultimo
tratto dell'acquedotto altro non erano che i resti colossali delle terme di
Diocleziano, all'epoca ancora visibili (fig. 3).
Nel suo resoconto Sisto V descrive
alcuni elementi della fontana:
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la statua di Mosè nel nicchione centrale (Mosè
fa scaturire l'acqua da una rupe nel deserto; Antico Testamento, Libro dei Numeri)
·
il rilievo di Aronne nel nicchione di sinistra (Aronne
conduce il popolo ebreo assetato alle acque; Antico Testamento, Libro dei Numeri)
·
il rilievo di Gedeone nel nicchione di destra (osservando
il modo di bere dei soldati, Gedeone ne sceglie trecento per combattere contro
il popolo di Madian; Antico Testamento, Libro
dei Giudici)
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Fig. 4 - Giosuè |
Esaminando oggi la fontana è evidente come il rilievo del nicchione di destra (fig. 4) non rappresenti
Gedeone ma Giosuè e il popolo d'Israele che attraversano il fiume Giordano
(Antico Testamento, Libro di Giosuè); lo stesso architetto Domenico Fontana lo aveva scritto nella sua opera (Tranportatione): "negli
altri due nicchi si mostra l'istoria di Aron e di Giosuè". Com'è
possibile? Sisto V prese un abbaglio? L'unica spiegazione possibile è che nel
1590 il rilievo definitivo non fosse ancora stato realizzato, perciò,
probabilmente, Sisto V vide soltanto alcuni bozzetti; in seguito, per un motivo
ignoto, la scelta cadde su un altro episodio dell'Antico Testamento.
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Fig. 5 - La fontana di Gregorio XIII a piazza del Popolo (Duperac 1577) |
Torniamo
adesso al complesso d'inferiorità, maturato - secondo me - all'epoca del
cardinale Boncompagni. Nel suo breve, ma intenso, pontificato Sisto V cercò in
ogni modo di cancellare la popolarità del suo predecessore, collocando in
piazza del Popolo un enorme obelisco a ridosso della fontana che aveva lo stemma
di Gregorio XIII (figg. 5-6), cancellando dalla "somità della fabrica di Montecavallo un Drago dorato di statura assai
grande" (il drago era nel blasone della famiglia Boncompagni), non
pagando i debiti contratti da Gregorio con i Gesuiti del Collegio Romano (Avvisi di Roma, 8 maggio 1585), creando
una villa urbana di dimensioni enormi (fig. 7), ma soprattutto paragonandosi a
Mosè (fig. 8).
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Fig. 7 - Confronto tra l'enorme villa di Sisto V e la villa del Quirinale |
Infatti, mi sembra piuttosto evidente (e maldestro) il messaggio
che Sisto V cercò di veicolare attraverso la statua del profeta:
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Fig. 6 - L'obelisco di piazza del Popolo (Maggi 1625) |
come Mosè aveva
fatto scaturire dalla roccia l'acqua che avrebbe dissetato il popolo d'Israele,
così il papa, novello Mosè, aveva condotto a Roma un nuovo acquedotto che
avrebbe dissetato la popolazione.
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Fig. 8 - Mosè |
Una ulteriore conferma del disagio psicologico di Sisto
V si manifesta nella sproporzionata iscrizione, alta quasi come i nicchioni, in
cui viene raccontata sommariamente l'impresa. Nessun pontefice si era mai esposto così tanto prima di allora.